Testimonianza di Tiziana e Loredana Cavalli
Agosto 2018
In questi giorni stiamo trattando casi clinici molto diversi. La maggior parte dei pazienti che arrivano a provare l’agopuntura al Saint Joseph Hospital sono soggetti fragili, che hanno spesso tante patologie croniche e hanno già provato vari tipi di cure, senza successo.
Il caso più incredibile per la sua complessità è a nostro avviso quello di Cilton, 40 anni ben portati sul volto. Il suo corpo, esile ed etereo, è una lamina di ossa fuse tra loro e violentate da un vento interno, la colonna vertebrale ridotta a un cordone rigido eppur friabile dalla base del cranio fino al coccige. Spondilite anchilosante, artrite reumatoide, tubercolosi ossea, malnutrizione severa, da 10 anni allettato. Pregresso intervento al bacino per lussazione coxofemorale. In famiglia tutti, fratelli, sorelle, genitori sono affetti da connettiviti.
La recente alluvione gli ha sommerso la casa e portato via tutto, ci dice sua madre con un inverosimile sorriso mentre chiediamo di poter visionare una radiografia del torace. Accanto a Cilton è rimasta solo lei, che nonostante i suoi dolori artritici lo assiste in tutto; lo lava e gli dà da bere con l’imbuto: già, perché il dramma più terribile è che questo giovane, a causa dell’anchilosi di tutte le articolazioni, compresa la temporo-mandibolare, non riesce ad aprire la bocca; non può masticare, né ingerire medicine. Riesce appena a parlare, con fatica, per raccontarci quanto dolore gli procuri qualsiasi movimento degli arti o del capo.
La prima domanda che il nostro cervello ha potuto formulare è stata: come ha potuto resistere 10 anni in queste condizioni, senza mangiare, senza muoversi, senza una piaga da pressione malgrado qui in India i letti siano rigidi e non esista il materasso antidecubito? Quali sentimenti affolleranno il cuore di quest’uomo, in tutto dipendente da altri, che durante la visita non chiede niente né versa una lacrima, pur essendo visibilmente sofferente?
Ci guarda come incuriosito, mentre armate di piccoli aghi lucenti cerchiamo in quelle articolazioni deformate i reperi ossei degli agopunti. È pelle e ossa, la testa incollata al collo e sospesa al di sopra del letto, spalle magre, ipomobili, dolorabili. Io e Loredana ci guardiamo in cerca di confronto. Ha il fuoco nelle ossa! Anche se non può mostrarci la lingua è evidente che ha una montagna di calore tossico nelle cavità ossee, dove l’organismo mette in latenza i problemi che si riserva di affrontare quando le condizioni generali lo consentiranno.
Prima il fattore genetico ereditario, poi l’infezione tubercolare, poi l’artrite autoimmune, a cui si aggiunge il fattore climatico – eccessiva umidità. L’allettamento obbligato e l’impossibilità a nutrirsi fanno il resto. È un disastro, un caso disperato. Non per questo lo abbandoneremo senza tentare di dargli un po’ di sollievo. “We want to help you open your mouth”, gli diciamo. Ci risponde come può, con il più grande dei suoi sorrisi, denti bianchissimi e dritti – almeno loro. E questo ci basta. Partiamo con il trattamento.